Sintesi del rapporto Italiani nel Mondo

 

Fondazione Migrantes

 

 

 

RAPPORTO ITALIANI NEL MONDO   2013

Sintesi

 

 

Rapporto Italiani nel  Mondo

a cura di Del na Licata

 

Ente Titolare del Progetto

Fondazione Migrantes della Conferenza Episcopale Italiana

 

Commissione Scienti ca

Elena Besozzi, Università Cattolica Sacro Cuore Milano

Paolo Bustaffa, Sir Europa

Flavia Cristaldi, Sapienza Università Roma

Luca  Diotallevi, Università Roma Tre

René p. Manenti, Centro Studi Emigrazione Roma (CSER) Silvano mons. Ridol , Fondazione Migrantes

Matteo San lippo, Università degli Studi della Tuscia

Graziano p. Tassello, Centro Studi e Ricerche per l’Emigrazione (CSERPE) Massimo Vedovelli, Università per Stranieri di Siena

 

 

Comitato Promotore

Elio Carozza (CGIE),

Fosco Corradini (Cna  e Patronato Epasa) Luciano Lagamba (Sei-Ugl e Patronato Enas), Gianluca Lodetti (Patronato Inas-Cisl), Andrea Malpassi (Inca-CGIL),

Franco Narducci (Unaie), Piergiorgio Sciacqua (Mcl e Patronato Sias),

Roberto Volpini e Simonetta De Fazi  (Acli e Patronato Acli)

 

 

Redazione Rapporto Italiani nel Mondo

Gian Carlo Perego, Del na Licata, Carlotta Venturi, Raffaele Iaria, Simonetta De Angelis

 

 

Autori che hanno collaborato

Angela Ambrogetti, Luca  Bianchi, Gianni Borsa, Maria Carolina Brandi, Mary Elizabeth Brawn, Chiara Brivio, Alessio Buonomo, Enzo Caffarelli, Paola Cairo, Maria Teresa Cannizzaro, Lorenzo Carlesso, Azzurra Carpo, Andrea Costa, Ilaria Del Bianco, Luisa Deponti, Giovanna Di Vincenzo,

Abdessamad El Jaouzi, Gino  Frezza, Raffaele Iaria, Luca  Insalaco, Del na Licata, Norberto Lombardi, Lorenzo Luatti, René Manenti, Claudia Manni, Fabio Marcelli, Daniela Marcheggiani, Claudio Marra, Fernando Marzo, Fiorella Operto, Stefano Pelaggi, Gian Carlo Perego, Paola Pierotti, David Recchia, Silvano Ridol , Daniele Rossini, Matteo San lippo, Raymond Siebetcheu, Francesca Staiano,

Salvatore Strozza, Paola Tabanelli, Alberto Tafner, Guido Tintori, Maurizio Tomasi, Alberto Toso,

Corrado Truffelli, Carlotta Venturi, Federica Volpi, Anna Zumbo.

 

Indice

 

La nuova fase del Rapporto Italiani nel Mondo:

transnazionalità, multidisciplinarietà e attenzione alla persona …………………………… pag.  2

 

Il Rapporto Italiani nel Mondo 2013: la nuova struttura e il filo rosso……………………..           5

 

I cittadini italiani residenti all’estero nel 2013: i dati Aire ………………………………………………….            7

 

Chi sono gli italiani residenti all’estero nel 2013………………………………………………………………………           8

 

Viaggi di lavoro e turismo……………………………………………………………………………………………………….    10

 

Iscrizioni e cancellazioni anagrafiche da e per l’estero……………………………………………………….          11

 

La mobilità internazionale degli studenti  universitarie dei giovani laureati……………………………………….     14

 

Condizioni di vita e di lavoro dei giovani italiani in Europa in tempo di crisi …………………………………       16

 

Italiani altamente qualificati a Washington D.C. e Baltimora…………………………………………        19

 

Giovani architetti italiani emigrati in cerca di maggiori fortune …………………………………        22

 

Italiani in Cina: il Progetto A.M.I.C.O……………………………………………………………………………………………       24

 

L’informazione: strumento per una pastorale “al passo con i tempi”………………………       26

 

Le proposte del Rapporto Italiani nel Mondo 2013…………………………………………………………………       29

 

La nuova fase del  Rapporto  Italiani  nel Mondo:

– transnazionalità,

-multidisciplinarietà e

-attenzione alla persona

Partendo da ciò che è stato  fatto dal 2006 e rispondendo alle nuove  esi- genze nel frattempo maturate, la Fondazione Migrantes inaugura, a partire dall’edizione del 2013, una nuova stagione del Rapporto Italiani nel Mondo (RIM) rinnovandolo nella sua veste editoriale oltre che nella sua struttura- zione interna  della quale si parlerà  più avanti. Sono tre i propositi a monte del cambiamento.

• Una maggiore transnazionalità. Detto in altri termini, si è curata mag- giormente la collaborazione con l’estero dotandosi di una Redazione che, con base a Roma, si apre al coinvolgimento sempre più numeroso di autori e redattori che, all’estero, vivono, lavorano,  studiano,  ecc. e delle relative strutture nelle quali questi sono inseriti. Università, centri di ricerca, reda- zioni giornalistiche ma anche associazioni  e istituzioni pubbliche  e priva- te, nazionali  e internazionali, costituiscono il mosaico  transnazionale che mira a dare dell’Italia in mobilità  una descrizione  sempre  più fedele alla luce moderna e attuale  di un Paese inserito in un contesto che è tanto eu- ropeo quanto  più globalmente cosmopolita.

La crisi vissuta da tempo a livello internazionale e che grava in manie- ra fortemente differente  su ciascun  territorio del mondo  – quanto  detto è ancora  più vero per l’Europa – ha creato nuovi movimenti  di persone. Nel caos globale della mobilità si rintracciano vecchi e nuovi percorsi, antiche e moderne figure di uomini e donne, lavoratori e disoccupati, anziani e mi- nori, studenti  e professionisti, nuclei familiari, ecc. che partono spinti da motivazioni  diverse, nuove  necessità  e peculiarità specifiche. Una prima caratteristica è sicuramente il percepire di “essere insieme  nonostante la separatezza fisica”. La riduzione dello spazio e del tempo dovuti all’avven- to e alla larga diffusione di Internet e la semplificazione degli spostamenti anche di lungo raggio, fa sì che il migrante  si muova oggi in dimensioni bi o tri-nazionali senza percepire,  con la stessa  intensità di una volta, la sua condizione  di sradicato da un territorio e trapiantato in un’altra realtà. Se non fosse per l’aspetto emozionale ancora  riscontrato nelle storie  di vita raccolte  e negli incontri  face to face con i migranti, sembra  sempre  di più che anche i sentimenti e le emozioni si stiano trasformando e adattando a questo  nuovo  status. Matrimoni  a distanza,  coppie  bi-nazionali, migranti per amore sono le nuove e moderne figure da cui hanno origine le famiglie globali, quelle per le quali le coordinate su cui realizzano la socializzazione e la costruzione dell’identità sono situate  oltre i confini nazionali. In altri termini, nelle famiglie globali il confronto con l’estraneità, con il diverso, l’altro, il mondo  è all’ordine del giorno. Come nelle famiglie, così ogni mi- grante  di oggi all’interno dei processi  di globalizzazione  vive la globalità della sua identità per cui il mondo  esterno  e l’altro, prima estraneo,  diven- tano parte integrante della vita.

Che lo si voglia o no, che si sia coscienti o meno, in questo modo l’inter- cultura  è già vissuta e partecipata e si riducono le distanze tra gli uomini. Se solo si guardasse con un occhio propositivo a queste condizioni sociali a cui la globalità ha portato si capirebbe facilmente che la diversità è fonte di arricchimento reciproco poiché in grado di presentare una lunga lista di opportunità e sta al soggetto raccoglierle  nell’interesse  di un guadagno in conoscenza.

• Una sempre  più  accentuata multidisciplinarietà. L’attuale mobilità, proprio  per le caratteristiche finora delineate, non può avere una sola pro- spettiva d’analisi. Dall’esperienza maturata dal Rapporto Italiani nel Mondo la multidisciplinarietà è ciò che dà un surplus valoriale, ovvero  il mette- re insieme letture diverse di ambiti differenti dello stesso argomento. A tal proposito, a partire  dall’edizione del volume  qui presentata, si è ritornati a costituire  l’originario Comitato Promotore – affidandosi  alle competenze esecutive  di coloro che ne fanno parte maggiormente calati, per la natura professionale dei soggetti coinvolti, nella concretezza delle problematiche e nelle realtà diverse a seconda dei vari contesti geografici presi in considera- zione – e si è affiancata a questo una Commissione Scientifica i cui membri rispecchiano, per ambito professionale di azione e competenze, la multidi- sciplinarietà. Mentre il Comitato ha il compito  di indirizzare  la Redazione alle necessità  che si paventano nei territori  di partenza o di arrivo accom- pagnando il RIM nel percorso di sensibilizzazione territoriale al tema della mobilità italiana in Italia e all’estero che inizia con la prima presentazione nazionale, la Commissione stimola alla ricerca di nuove piste di confronto e di analisi alla luce dei diversi ambiti di provenienza. In questo modo la con- cretezza pratica  incrocia la storia, la geografia, l’informazione, l’economia, la sociologia, il campo  socio-pastorale e quello educativo,  ecc. e il lavoro empirico accompagna, completandolo e arricchendolo, lo studio teorico.

 

L’attenzione alla persona. È una caratteristica a cui il Rapporto Italia- ni nel Mondo non potrebbe rinunciare perché  presupposto fondamentale della Fondazione  Migrantes, il cui Statuto, all’art. 1, recita : «La Fondazione “Migrantes” è l’organismo  costituito  dalla  Conferenza  Episcopale  Italiana per accompagnare e sostenere le Chiese particolari nella conoscenza, nell’opera di evangelizzazione e nella cura pastorale dei migranti, italiani e stranieri, per promuovere nelle comunità cristiane atteggiamenti e opere di fraterna accoglienza  nei loro riguardi, per stimolare nella società  civile la comprensione e la valorizzazione della loro identità in un clima di pacifica convivenza,  con l’attenzione alla tutela dei diritti della persona e della fa- miglia migrante  e alla promozione della cittadinanza responsabile dei mi- granti». Da questo  primo articolo emergono chiaramente alcuni elementi: innanzitutto l’indirizzo della Fondazione  Migrantes  alla conoscenza delle problematiche sociali legate alla mobilità  intesa  nella sua accezione  più ampia  – e quindi, come recitato  dall’articolo n. 3 dello Statuto, immigrati in Italia, ma anche migranti italiani interni ed esteri, rifugiati, profughi, ri- chiedenti  asilo, Rom, Sinti, nomadi  e gente dello spettacolo viaggiante – e poi la cura delle persone.  L’individuo è, quindi, collocato  al centro  di ogni analisi e azione.

Anche alla luce di questo  nuovo  Statuto  della Fondazione  Migrantes entrato in vigore dal 2012, il Rapporto Italiani nel Mondo si configura oggi quale “strumento conoscitivo” della mobilità italiana e “attrezzo di sensibi- lizzazione” nella e della società civile spesso ignara o incostante nella cono- scenza di fenomeni sociali di portata complessa che coinvolgono tutti nella convivenza quotidiana.

La persona è, quindi, al centro  di ogni riflessione  sia essa soggetto  di mobilità  o mero  osservatore anche  perché  la mobilità  oggi, al pari della globalità e dell’intercultura, è vissuta e sperimentata da tutti – spesso senza averne consapevolezza – con modalità e strategie divergenti.

Chi sono  le persone al centro  del Rapporto Italiani nel Mondo? Sono i migranti  italiani di ieri e di oggi, sono coloro che possiedono la cittadi- nanza italiana e il passaporto italiano, coloro che votano dall’estero, quelli che nascono all’estero da cittadini italiani, quelli che riacquistano la citta- dinanza, coloro che si spostano per studio o formazione, coloro che vanno fuori dal Belpaese per sfuggire alla disoccupazione o perché inseguono un sogno professionale; sono gli italiani che si lasciano  alle spalle l’Italia per amore, ma sono anche i tanti italiani che dalle regioni del Sud si spostano al Nord ancora per lavoro, per studio o per esigenze familiari e/o di coppia. Dietro i numeri ci sono le storie, belle e meno felici, facili e difficili, di rea- lizzazione o di perdita, di riuscita o con un triste epilogo.

 

Il Rapporto Italiani nel Mondo 2013:

la nuova struttura e il filo rosso

Il Rapporto Italiani nel Mondo 2013 si presenta con una nuova  struttura che consta di sette sezioni:

•    Flussi e presenze

•    Lingua, cultura e italianità

•    Politica, lavoro, economia e made in Italy

•    Fede e orientamenti pastorali

•    Studi di caso

•    Indagini e ricerche

•    Allegati socio-statistici.

Questa nuova configurazione deriva dalla necessità  di dare risposta ad una serie di sollecitazioni ricevute alla luce del percorso fatto in questi anni e nel rispetto  dei cambiamenti nel frattempo intercorsi,  che obbligano  ad una rivisitazione  del metodo utilizzato e dei temi da trattare.

Se dal 2006 l’obiettivo era quello di conoscere il tema dell’emigrazione italiana, oggi da un lato è indispensabile monitorare la questione e dall’altro occorre  restare  vigili all’evoluzione sociale che sta caratterizzando la mobilità in generale e quella italiana in particolare.

Che l’Italia sia un caso unico nel panorama dei paesi coinvolti nei flussi di mobilità in entrata e in uscita è ormai chiaro e questo sia per quanto  ri- guarda il suo passato emigratorio che per quanto  concerne il suo passato, meno remoto, di immigrazione che affonda le radici negli anni Settanta del Novecento  al quale si è poi unito un presente di flussi in entrata e in usci- ta fortemente caratterizzati e condizionati dagli eventi storici, economici  e politici ai quali stiamo assistendo.

Vittima di una grande recessione, l’Italia nell’ultimo anno non è più sta- ta fortemente attrattiva nei riguardi degli immigrati e come non accadeva da più di un decennio, nel 2012 si è avuta una brusca frenata degli ingressi di migranti  nel territorio tricolore.  Dall’altra parte  però si è assistito  a un forte movimento interno  anche degli stessi immigrati dalle regioni del Sud Italia verso il Centro-Nord e a una serie di importanti partenze verso l’este- ro di disoccupati,  laureati, giovani e meno giovani e degli stessi immigrati e delle loro famiglie che sono ritornate nei luoghi di origine o hanno  pre- ferito spostarsi in Europa, in paesi cioè dove il momento di crisi ha avuto meno ripercussioni sul piano del lavoro.

Tornando alla struttura del volume del 2013, nella prima sezione sono contenute tutte le informazioni statistiche raccolte  sulle varie tipologie di migrazioni che coinvolgono gli italiani in modo da avere un quadro globale che presenti le variabili della mobilità italiana di oggi alla luce delle princi- pali fonti nazionali e internazionali. Si passa poi alla sezione della cultura e della lingua italiana ovvero quella delle “fondamenta di ogni società” per- ché senza la cultura non si può sopravvivere ai cambiamenti sociali. In se- guito, ci si focalizza su tre ambiti – politica, lavoro ed economia – trattando a sé il made in Italy quale risorsa e grande opportunità soprattutto in que- sto momento di crisi se solo si credesse nel valore, anche economico, della presenza italiana così ramificata in tutto il mondo e se soltanto si riuscisse, di conseguenza, a trovare  il modo di lavorare  sulle esportazioni e sul gua- dagno ricavabile dal talento del lavoro artigianale  e dalla genialità italiana.

La successiva  sezione  dedicata  alla fede e agli orientamenti pastorali connota la sensibilità di questo  volume che nasce e si sviluppa all’interno di una  fondazione dedita  alla cura  e alla sensibilizzazione pastorale, ma in costante e continua ricerca di strumenti per “operare”, nuovi e al passo con i tempi per cui anche in questo caso la rilettura storica alla luce dell’at- tualità diventa un presupposto importante così come l’analisi di specifiche figure e di particolari contesti  e il loro confronto con altri protagonisti e diversi territori  porta  allo studio di buone prassi dal punto  di vista anche pastorale che cerchino di dare risposta alle attuali istanze religiose, in con- tinuità con l’esperienza di fede e la dottrina sociale della Chiesa.

Tra le esigenze maggiormente sentite e alle quali si è cercato di rispon- dere vi è stata da un lato la necessità di cambiare  prospettiva passando dal “grandangolo” alla modalità “macro” e fissare alcuni particolari, temi, con- testi, luoghi e personaggi.  È questo  il senso della sezione chiamata “studi di caso” per i quali non solo vale la pena raccogliere i materiali già esistenti ma, complice  il mandato educativo  della Fondazione  Migrantes,  diventa necessario anche  indurre  studi, promuoverli su argomenti nuovi discussi in sede di Commissione Scientifica o di Comitato Promotore. Nascono  così le prime ricerche riportate in un’apposita sezione del Rapporto Italiani nel Mondo 2013, indagini realizzate con metodologie sia quantitative che qua- litative che aiutano  a completare le fonti – spesso  purtroppo imperfette

– per un migliore e più realistico accostamento al fenomeno. A chiusura, in continuità temporale con le edizioni precedenti e per dare la possibilità di fare confronti temporali, vi è la sezione degli allegati statistici che prosegue la ormai tradizionale attenzione per il dato disaggregato per paese di arrivo e regione, provincia e comune  di partenza.

È possibile rintracciare in tutto il volume del 2013 una sorta di filo ros- so. Una particolare attenzione, infatti, è stata rivolta quest’anno al mondo giovanile inteso nel sue più varie sfaccettature: i giovani iscritti all’Aire, gli studenti  in mobilità, i lavoratori al seguito delle imprese, i “talenti in fuga”,i professionisti, i ricercatori, i disoccupati che tentano fortuna  al Centro- Nord o all’estero, i pendolari,  gli universitari,  ecc. Si tratta  – come è facil- mente intuibile – di un mondo talmente tanto vasto e variegato che spesso è divenuto vittima di analisi e interpretazioni fallaci o non corrispondenti alla realtà. Tramite numerose letture provenienti da ambiti diversi si è cercato, nel RIM 2013, di realizzare descrizioni fedeli e di dare risposte adeguate.

I cittadini italiani residenti all’estero nel 2013: i dati Aire

 

Secondo  l’Anagrafe degli Italiani Residenti  all’Estero (Aire) del Ministero dell’Interno al 1 gennaio  2013 i cittadini  italiani residenti  fuori dei confini nazionali sono 4.341.156, il 7,3% dei circa 60 milioni di italiani residenti  in Italia. L’aumento, in valore assoluto,  rispetto  allo scorso  anno è di 132.179 iscrizioni, +3,1% rispetto  al 2012.

La ripartizione continentale rimarca, ancora  una volta, che la maggior parte degli italiani residenti  fuori dall’Italia si trova in Europa (2.364.263, il

54,5% del totale); a seguire l’America (1.738.831, il 40,1% del totale) e, a larga distanza, l’Oceania (136.682, il 3,1%), l’Africa (56.583, l’1,3%) e l’Asia (44.797, l’1,0%).

Dal confronto dei dati Aire disaggregati per continenti dell’ultimo trien- nio emergono riflessioni interessanti: l’aumento  più vistoso  riguarda,  in- fatti, la comunità italiana  in Asia (+18,5%) e, a seguire, l’America (+6,8%), l’Africa (+5,7%), l’Europa (+4,5%) e l’Oceania (+3,6%) per un aumento totale nel triennio 2011-2013 del 5,5% sul piano nazionale. Nel biennio 2012-2013, invece, il trend positivo  dell’Asia continua (+8,6%) come a dire che effet- tivamente anche l’Italia, come il resto del mondo, ha volto lo sguardo  alle mille opportunità offerte, oggi, dall’Oriente.

Le comunità di cittadini  italiani all’estero numericamente più incisive continuano ad essere  quella argentina (691.481), quella tedesca  (651.852), quella svizzera (558.545), la francese (373.145) e la brasiliana (316.699) per restare  alle nazioni  che accolgono  collettività  al di sopra  delle 300  mila unità. A seguire, il Belgio (254.741), gli Stati Uniti (223.429) e il Regno Unito (209.720).

Il 52,8% (quasi  2 milioni e 300  mila) degli italiani  residenti  all’estero all’inizio del 2013 è partito  dal Meridione, il 32% (circa 1 milione 390 mila) dal Nord e il 15,0% dal Centro Italia (poco più di 662 mila).

La Sicilia, con 687.394 residenti, è la prima regione di origine degli italia- ni residenti fuori dall’Italia seguita dalla Campania, dal Lazio, dalla Calabria, dalla Lombardia, dalla Puglia e dal Veneto. Il confronto dei valori regionali del biennio 2012-2013 fa emergere  la particolare dinamicità  che, nell’ulti- mo anno, ha caratterizzato in particolare la Lombardia (+17.573), il Veneto (+14.195) e, solo successivamente, la Sicilia (+12.822). Si assiste a un ritorno del protagonismo del Nord Italia come territori di partenza a discapito del- le regioni del Sud dove probabilmente la crisi da fattore  di spinta  si è tra- sformata in causa di impedimento allo spostamento. Il Settentrione, invece, nonostante la recessione economica, si caratterizza per essere attualmente un’area particolarmente interessata dagli spostamenti verso l’estero.

L’analisi delle presenze  all’estero per origine  provinciale evidenzia  la preminenza delle regioni del Sud Italia. Ad esclusione  di Roma, prima  in graduatoria con più di 298 mila residenti,  seguono  soprattutto province siciliane e campane. In particolare, nella graduatoria delle prime 10 provin- ce si susseguono Cosenza (152.403), Agrigento (152.403), Salerno (119.095), Napoli (113.787), Catania (108.413), Palermo (107.658) e Avellino (102.230). In nona posizione si trova Milano (98.583) e, a chiudere, vi è Potenza (95.653). Roma e Milano, rispettivamente con +8.838 e +5.794 unità, sono le province che hanno  registrato gli aumenti  più consistenti dal 2012 al 2013. Seguono Cosenza (+4.802) e Torino (+4.132).

A livello generale  considerando i comuni  con  il numero maggiore  di iscritti all’Aire Roma, con 274.249 iscrizioni, apre l’elenco seguita da altre 7 “grandi” città italiane – Milano, Napoli, Torino, Genova, Palermo, Trieste, Ca- tania – anche se con numeri molto distanziati dalla Capitale di Italia. A segui- re il primo “piccolo” comune, Licata, l’unico non capoluogo tra i primi dieci.

Chi sono gli italiani residenti all’estero nel 2013

Di seguito le principali caratteristiche socio-demografiche degli italiani re- sidenti all’estero secondo  l’Aire:

•    resta stabile la differenza di genere: le residenti all’estero sono, infat- ti, il 48% ovvero 2.083.726 in valore assoluto;

•    i valori relativi allo stato civile restano, nel 2013, pressoché costanti: il 54% dei cittadini italiani all’estero è celibe, il 38,1% è coniugato;  i vedovi sono il 2,6% e i divorziati il 2,0%;

•    costante è, anche, la ripartizione per classi di età: il 15,5% è mino- renne, il 21,0% ha tra i 18 e i 34 anni, il 25,0% ha tra i 35 e i 49 anni, il

19,1% ha un’età compresa tra i 50 e i 64 anni e il 19,4% ha più di 65 anni;

•    motivi di iscrizione: il 53,5% si è iscritto  all’Aire perché  effettiva- mente emigrato, il 38,8% lo ha fatto perché nato all’estero e il 3,2% per acquisizione  di cittadinanza;

•    tempo di iscrizione: il 10,7% è all’estero da almeno 3 anni; il 9,1% da almeno  5 anni; il 34,8% è residente fuori dall’Italia da minimo  5 e massimo 10 anni; il 37,5% (oltre 1,6 milioni) da più di 15 anni.

ITALIA. Primi  tre paesi di residenza dei cittadini italiani all’estero per ogni regione italiana (2013)

Regione                         Paese 1                             Paese 2                            Paese 3
Valle d’Aosta                 Svizzera 1.574                      Francia 1.202             Argentina 228
Piemonte                       Svizzera 22.988                    Francia 20.811           Uruguay 11.936
Lombardia                    Svizzera 86.517                    Argentina 45.537       Brasile 29.002
Liguria                          Argentina 18.340                 Cile 15.587                Francia 10.020
Trentino A. A.                      Germania 17.042                 Svizzera 13.354          Brasile 8.719
Veneto                            Brasile 82.492                      Svizzera 40.881          Argentina 40.212
Friuli V. G.                       Argentina 34.282                 Francia 19.172           Svizzera 17.006
Emilia Romagna            Argentina 22.170                 Svizzera 17.884          Francia 14.806
Toscana                          Argentina 17.988                 Brasile 14.646            Svizzera 13.339
Marche                          Argentina 55.754                 Svizzera 7.801            Francia 6.203
Umbria                          Francia 6.771                       Svizzera 4.024            Argentina 2.688
Lazio                             Brasile 85.161                      Argentina 56.985       Francia 26.935
Abruzzo                        Argentina 31.396                 Svizzera 19.184          Belgio 17.065
Campania                      Germania 77.568                 Svizzera 75.267          Argentina 52.763
Molise                           Argentina 19.122                 Canada 11.877           Svizzera 8.006
Basilicata                      Argentina 26.374                 Germania 17.342       Svizzera 17.167
Puglia                            Germania 99.472                 Svizzera 68.931          Francia 31.583
Calabria                        Argentina 87.719                 Germania 68.661       Svizzera 46.486
Sicilia                            Germania 213.843               Belgio 95.280             Argentina 77.631
Sardegna                       Germania 29.736                 Francia 24.357           Belgio 12.995

FONTE: Migrantes-Rapporto Italiani nel Mondo. Elaborazione su dati Aire

Viaggi di lavoro e turismo

Nel 2012 i viaggi con pernottamento effettuati dai residenti  in Italia all’in- terno  dei confini nazionali  o verso  l’estero sono  stati, secondo  l’Istat, 78 milioni 703 mila per un totale di 501 milioni e 59 mila notti. Di questi viaggi, l’87,3% è stato  effettuato  per motivi di vacanza  e il 12,7% per lavoro. Ri- spetto  al 2011, si assiste a una contrazione che è dovuta, però, unicamente al calo dei viaggi per vacanza  (-5,3%) anche  se tale diminuzione è meno marcata rispetto  all’anno precedente (-17,0%).

Siano essi di vacanza  o di lavoro, i viaggi si spalmano diversamente lungo il corso dell’anno. In particolare, diminuiscono nel primo trimestre e aumentano nel secondo. Oltre 4 turisti su 10 viaggiano in estate; da giugno a dicembre aumentano i viaggi di coloro che hanno meno di 14 anni mentre diminuiscono quelli degli over65enni. I viaggi con mete italiane (79,4% del totale) hanno subìto un calo dell’8,3%, mentre i viaggi verso l’estero si sono mantenuti costanti  con un aumento dei flussi verso i paesi extra-europei del 31,4%.

Nel 2012 i viaggi di lavoro sono prevalentemente effettuati per svolgere riunioni d’affari (26%), per partecipare a congressi, convegni o altri eventi (21%) o per attività di rappresentanza, vendita, installazione o simili (11,4%). Seguono, con quote inferiori, i viaggi svolti per frequentare corsi di lingua o aggiornamento professionale (8,9%), i viaggi fatti per partecipare a fiere, mostre o esposizioni (7,1%), i viaggi per svolgere attività di docenza e quelli per attività di controllo  e ispezione (in entrambi i casi, 5,2%).

Assolutamente non trascurabile è il confronto tra i “viaggi non abituali” sin qui considerati e i cosiddetti  “viaggi abituali”, quegli spostamenti cioè realizzati per vacanza  o lavoro, con almeno  un pernottamento, effettuato tutte le settimane nella stessa località, fuori dal comune  dove si vive.

Nel 2012, i “viaggi abituali” sono stati 10 milioni e 938 mila e i pernot- tamenti  sono stati 17 milioni e 703 mila. Se a questi  viaggi si sommano i “viaggi non abituali” si ottiene, per il 2012, un ammontare di 89 milioni e 641 mila spostamenti, di cui il 12,2% è rappresentato dai viaggi abituali.

I viaggi abituali di vacanza  rappresentano il 6,5% del totale degli spo- stamenti per  vacanza,  mentre  quelli per  lavoro  sono  il 38,2% del totale degli spostamenti per lavoro  (i relativi pernottamenti incidono,  rispetti- vamente, per l’1,6% e per il 25,7%). Ciò detto in altri termini significa che il “viaggio abituale” ha un legame molto stretto  con le dinamiche lavorative di cui, infatti, costituisce  il 56,5% (percentuale quasi raddoppiata dal 2010). L’incidenza dei “viaggi abituali” sul totale degli spostamenti, in diminuzio- ne fino al 2011, nel 2012 è aumentato: si passa dal 7,1% del 2011 al 12,2% del 2012. Per le notti, sebbene  in misura  minore, l’andamento  è analogo,  con un’incidenza del 2,3% nel 2011 e del 3,4% nel 2012.

Iscrizioni e cancellazioni anagrafiche da e per l’estero

Nel 2011, secondo  l’Istat, le cancellazioni di cittadini per l’estero sono sta- te 50.057 (+10.512 rispetto  al 2010), mentre  le iscrizioni sono state  31.466 (+3.274 rispetto  al 2010). Il numero degli espatri  è il più alto registrato dal

2000. Gli emigrati  per l’estero hanno  in media 34 anni e sono uomini  nel

53,1% dei casi. Tra coloro  che sono  rimpatriati, invece, le donne  sono  il

51,9% e l’età media è di 36 anni e mezzo.

I rimpatri  risultano piuttosto uniformemente distribuiti  sul territorio anche  se le regioni  che  quantitativamente assorbono la maggior  parte dei rimpatri  sono la Lombardia (5.945), il Lazio (3.174), la Sicilia (2.967), la Campania  (2.359) e il Veneto (2.249) che, prese nel loro insieme, raccolgo- no il 53,1% del totale. Milano (2.598), Roma (2.382), Torino (1.041), Cosenza (911) e Napoli (718) sono le prime 5 province in cui rientrano i connazionali dall’estero.

Il 28,9% dei rimpatriati ha più di 50 anni e, in particolare, il 12,8% ha più di 65 anni. Ciò testimonia quanto,  a conclusione del percorso lavorativo condotto all’estero, sia ancora oggi avvertito il desiderio di rientro in patria. Il 26,0% di chi rimpatria è diplomato, il 24,4% ha la licenza media inferiore, l’11,6% la licenza elementare e “solo” il 18,9% – come sarà più facilmente comprensibile quando si guarderanno i dati sulle cancellazioni – è laureato.

Sul fronte  delle cancellazioni per l’estero, i dati del 2011 testimoniano una  maggiore  propensione allo  spostamento delle  regioni  del  Centro- Nord. Infatti, considerando le regioni  con valori al di sopra  delle 4 mila unità si susseguono, nell’ordine, la Lombardia (9.717), il Lazio (4.843), il Ve- neto (4.596) e la Sicilia (4.566).

Il panorama che  viene  determinato dai dati  provinciali,  invece, è di tutt’altro  tenore  e dà, seppure con cifre fortemente differenti, un riscon- tro più vario. Nel 2011, infatti, 4.017 cittadini  italiani si sono cancellati  per l’estero dalla provincia  di Milano, 3.976 da quella di Roma. Seguono, a di- stanza, la provincia  napoletana (1.875), quella la torinese  (1.849) e, ancora più distanziate, la palermitana (1.078) e la varesotta (1.052).

ITALIA. Iscrizioni e cancellazioni anagrafiche da e per l’estero dei cittadini italiani. Titolo di studio e classi di età (2011)

 

Titolo di studio Iscrizioni

%

Cancel- lazioni

%

Classi di età Iscrizioni

%

Cancel- lazioni

%

laurea 5.957 18,9 10.992 22,0 0-17 7.072 22,5 8.617 17,2
diploma sup. con accesso università 6.803 21,6 11.935 23,8 18-25 2.819 9,0 4.352 8,7
diploma sup. senza accesso università 1.392 4,4 2.437 4,9 26-34 5.019 16,0 14.532 29,0
licenza media inferiore 7.680 24,4 13.571 27,1 35-49 7.447 23,7 14.411 28,8
licenza elementare 3.643 11,6 4.185 8,4 50-64 5.077 16,1 4.926 9,8
nessun titolo 5.991 19,0 6.937 13,9 +65 4.032 12,8 3.219 6,4
Totale 31.466 100,0 50.057 100,0 Totale 31.466 100,0 50.057 100,0

FONTE: Migrantes-Rapporto Italiani nel Mondo. Elaborazione su dati Istat

 

Chi si sposta  verso  l’estero  è, secondo  le cancellazioni anagrafiche dell’Istat aggiornate  al 2011, effettivamente nel pieno  dell’età lavorativa come prima  riportato (età media 34 anni), ma va evidenziata  la sua pre- parazione: il 22,0% è laureato, il 28,7% ha un diploma. Dei 14.372 diplomati però, l’83,0% ha frequentato l’università o, almeno  ha provato,  salvo poi prendere la strada  dell’espatrio. Detto in altri termini, in un clima di gene- rale recessione economica considerando l’aumento  vertiginoso dei tassi di disoccupazione in Italia e del disagio economico e sociale, molti giovani decidono di spostarsi all’estero prima ancora di aver finito l’università, una sorta di emigrazione  del “semi-lavorato” dall’Italia che finisce con l’essere “effettivamente plasmato” fuori dai confini nazionali. Di questi non è detto quanti finiranno il percorso di studi, così come non è dato sapere se si sono spostati con l’intento di lavorare o di frequentare un corso all’estero o, an- cora, di specializzarsi  fuori dai confini nazionali. Quanto  affermato viene avvalorato considerando i primi tre territori  dove si sono recati, nel 2011, sia i laureati (nell’ordine, Regno Unito, Svizzera e Germania) che i diploma- ti con almeno  un accesso  all’università  (Svizzera, Regno Unito e Germa- nia). Si tratta, infatti, delle principali realtà europee per quanto  concerne la formazione e lo studio, ma anche per la professionalizzazione e la ricerca.

ITALIA. Iscrizioni e cancellazioni anagrafiche da e per l’estero dei cittadini italiani. Incrocio titolo di studio e classi di età (2011)

Iscrizioni

Titolo di studio

0-17

18-25

26-34

35-49

50-64

+65

Totale di riga
v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % v.a. %
nessun titolo 5.536 78,3 15 0,5 28 0,6 43 0,6 41 0,8 328 8,1 5.991 19,0
licenza elementare 793 11,2 112 4,0 164 3,3 411 5,5 861 17,0 1.302 32,3 3.643 11,6
lic. media inf. 688 9,7 924 32,8 1.293 25,8 2.162 29,0 1.638 32,3 975 24,2 7.680 24,4
diploma sup. senza accesso università 10 0,1 204 7,2 267 5,3 470 6,3 298 5,9 143 3,5 1.392 4,4
diploma sup. con accesso università 45 0,6 1.191 42,2 1.427 28,4 2.017 27,1 1.317 25,9 806 20,0 6.803 21,6
Laurea

373 13,2 1.840 36,7 2.344 31,5 922 18,2 478 11,9 5.957 18,9
Totale di colonna 7.072 100,0 2.819 100,0 5.019 100,0 7.447 100,0 5.077 100,0 4.032 100,0 31.466 100,0

Cancellazioni

Titolo di studio

0-17

18-25

26-34

35-49

50-64

+65

Totale di riga
v.a.

%

v.a.

%

v.a.

%

v.a.

%

v.a.

%

v.a.

%

v.a.

%

nessun titolo 6.418 74,5 27 0,6 71 0,5 116 0,8 39 0,8 266 8,3 6.937 13,9
licenza elementare 1.189 13,8 308 7,1 569 3,9 725 5,0 515 10,5 879 27,3 4.185 8,4
lic. media inf. 989 11,5 1.782 40,9 4.575 31,5 3.960 27,5 1.496 30,4 769 23,9 13.571 27,1
diploma sup. senza accesso università 10 0,1 288 6,6 866 6,0 852 5,9 289 5,9 132 4,1 2.437 4,9
diploma sup. con accesso università 11 0,1 1.293 29,7 4.251 29,3 4.196 29,1 1.505 30,6 679 21,1 11.935 23,8
laurea

654 15,0 4.200 28,9 4.562 31,7 1.082 22,0 494 15,3 10.992 22,0
Totale di colonna 8.617 100,0 4.352 100,0 14.532 100,0 14.411 100,0 4.926 100,0 3.219 100,0 50.057 100,0

FONTE: Migrantes-Rapporto Italiani nel Mondo. Elaborazione su dati Istat

Dal confronto tra i dati del 2010 e quelli del 2011 vengono innescati una serie di preoccupanti campanelli di allarme:

•    sono cresciuti, in modo consistente, gli espatriati con licenza media in- feriore (erano lo 0,3% nel 2010, sono il 24,4% nel 2011) diretti soprattut- to in Germania e in Svizzera, le mete delle catene migratorie dell’ultima grande emigrazione italiana degli anni ’50. Ci si augura che non si abbia a che fare con flussi di giovanissimi  che partono subito dopo la scuola dell’obbligo alla ricerca di un lavoro per aiutare  le famiglie in forte dif- ficoltà e disagio economico;

•    di conseguenza è aumentato, in modo consistente, il numero assoluto

dei minorenni coinvolti in questi spostamenti (dai 6.906 del 2010 agli

8.617 del 2011) che si sono diretti, prioritariamente, in Germania, Francia e Svizzera;

•    aumento degli over 65enni passati da 2.345 nel 2010 a 3.219 nel 2011.

                             La mobilità internazionale degli studenti universitari e dei  giovani laureati

Se si considerano gli ultimi dati OCSE disponibili (2010) il numero di uni- versitari  italiani  riprende  a crescere  in particolare nel Regno Unito, che è di gran lunga la meta  preferita  dagli universitari italiani che intendono studiare  all’estero, ed in Spagna (nazioni nelle quali il numero di studen- ti italiani era già in crescita  dagli anni precedenti).  Considerevole è anche l’aumento degli italiani in Germania, paese nel quale il numero di studenti italiani era stato costantemente in calo negli anni precedenti. È difficile non connettere questa crescita delle iscrizioni all’estero degli universitari italia- ni con la situazione  di crisi nella quale gli atenei del nostro  Paese si sono venuti a trovare dopo il drastico  taglio ai finanziamenti avvenuto nel 2008 e proseguito negli anni successivi, che ha in effetti innescato un significati- vo calo delle iscrizioni nelle università italiane negli ultimi anni

Nell’ultimo anno accademico per il quale sono disponibili i dati (2010-

2011) sono stati ormai quasi 20.000 gli studenti italiani che hanno utilizzato il Programma comunitario Erasmus per la mobilità e la cooperazione tra le università in Europa, che riguarda  tutti i tipi d’istruzione post-secondaria, tutte le discipline accademiche e tutti i livelli d’istruzione superiore fino al dottorato compreso, e prevede un periodo di formazione in un altro paese membro  dell’UE, della durata  di alcuni mesi ed integrato nel proprio  per- corso di studi universitari.

Le destinazioni preferite  dagli  studenti  italiani  in mobilità  Erasmus sono state, nell’a.a. 2010-2011 la Spagna (7.547 studenti), la Francia (3.338), la Germania (2.199), il Regno Unito (1.849) ed il Portogallo  (1.011).

Dall’a.a. 2007-2008, oltre alla mobilità  per studio, il Programma Era- smus sostiene anche la possibilità per gli studenti  universitari di usufruire di un tirocinio  presso  imprese  o istituzioni  pubbliche  di un paese dell’U- nione diverso dal proprio:  questa  opportunità è stata  utilizzata dall’inizio del programma fino all’anno accademico 2010-11 da 6.603 studenti italiani che si sono recati all’estero. Inoltre, nell’a.a. 2010-2012, hanno  partecipato a “Programmi intensivi”, di breve durata, 1.045 studenti  italiani.

Anche se in crescita, la partecipazione italiana al Programma Erasmus resta comunque più bassa di quella che si ha in altre nazioni.

La ragione  della moderata partecipazione degli universitari italiani  a questo  progetto  sta negli investimenti limitati che ad esso sono dedicati: infatti, nell’ultimo  anno  accademico disponibile,  la copertura finanziaria si è ridotta  a 199 euro al mese per la mobilità per studio ed a 493 euro per i tirocini. È evidente  che borse di questa  entità permettono di partecipare al programma solo agli studenti  che appartengono a famiglie che possono permettersi di coprire quasi interamente la permanenza all’estero dei pro- pri giovani.

Un analogo motivo probabilmente spiega anche la scarsa partecipazio- ne al programma del personale docente: il rimborso medio per una missio- ne di circa una settimana destinata all’organizzazione della collaborazione con  l’università straniera partner è stata,  nell’anno  accademico 2010-11, solo di 746 euro. Non sorprende quindi che queste missioni siano state ef- fettuate nello stesso anno, solo da 1616 docenti italiani, il 5,1% del totale dei docenti europei in mobilità Erasmus nell’anno accademico 2010/11.

La XV indagine sulla situazione  occupazionale dei laureati del Consor- zio Interuniversitario Almalaurea (2013) svolta nel 2012 ha coinvolto, oltre a quasi 215 mila laureati post-riforma del 2011 – sia di primo che di secondo livello – indagati a un anno dal termine degli studi, tutti i laureati di secon- do livello del 2009 (quasi 65 mila), interpellati a tre anni dal termine  degli studi. Per la prima volta l’indagine ha riguardato anche i laureati di secon- do livello (oltre 40 mila) a cinque anni dal termine degli studi.

Questa indagine ha mostrato come l’11% di quanti a tre anni dal conse- guimento del titolo stanno  seguendo una formazione post-laurea, è emi- grato all’estero. Queste  percentuali sono  particolarmente alte nel settore linguistico, dell’ingegneria ed in quello scientifico: in questi settori la per- centuale  di quanti stanno  proseguendo la propria  formazione in un paese straniero supera  il 20%.

Condizioni di vita e di lavoro dei  giovani italiani in Europa in tempo di crisi

Da anni l’Europa è presa nella morsa della crisi: lo ricordano i quotidiani e i telegiornali  tutti i giorni, i saggi scritti dagli economisti di tutto il mondo, le omelie dei parroci. Ne sono consapevoli anche i giovani europei  che da troppo  tempo  ormai  sono alle prese  con inedite quanto  impreviste  diffi- coltà. Sempre  più frequentemente le giovani  generazioni  sono  costrette a fare i conti con la riduzione  del benessere a cui erano  state  abituate  in passato.  Dai principali  dati delle due ricerche ACLI riportate nel Rapporto Italiani nel Mondo 2013 a cui si rimanda  per i dettagli, emerge che soltanto il 50% degli intervistati ha dichiarato di non aver avuto difficoltà ad acqui- stare beni e servizi sul mercato negli ultimi tempi; al contrario, la restante metà dichiara  di aver avuto questo  tipo di problemi qualche  volta (33,5%) o spesso (16,2%).

Più in generale, la riduzione  della spesa sembra  essere la strategia  che gli under 35 mettono in atto per reagire alla crisi: il 64% circa del campione ha ridotto  fortemente l’uso del telefono e si registrano anche drastici tagli per il riscaldamento (62,6%) e per le prestazioni mediche (27,1%).

Dall’indagine quantitativa, dunque,  emerge  una  diffusa tendenza alla riduzione  del budget spendibile  per acquistare beni e servizi. Contrazione che in qualche  caso può intaccare anche la capacità  di badare  a se stessi e al proprio  benessere fisico. Si tratta, forse, dei primi segni del progressivo impoverimento cui sono  sottoposti i cittadini  europei,  in special  modo  i giovani. La vita quotidiana degli intervistati tende a divenire  ogni giorno sempre più difficoltosa, almeno sotto il profilo economico. Il fatto stesso di non poter mantenere uno standard  di spese essenziali rende molto ardua la gestione del presente, ma soprattutto rende ancor più incerto l’avvenire.

In questo  quadro il lavoro gioca un ruolo essenziale. Come è possibile immaginare, per un giovane (ma non solo) la possibilità di avere un impie- go retribuito è di fondamentale importanza per la programmazione della vita futura: l’abbandono  del nido, la possibilità  di crearsi  una famiglia, la decisione di avere figli, ecc. sono scelte che dipendono molto dal possesso di un reddito  disponibile, oltre che dai sistemi di welfare nazionali. Tutta- via, pur mantenendo una notevole  rilevanza nell’immaginario  giovanile, il lavoro negli ultimi anni, a causa della sua scarsità  e della sua modesta ge- nerosità  anche rispetto  ai diritti, tende ad assumere venature cupe.

Gli intervistati mostrano di sapere bene che quelli che verranno saran- no anni difficili: in molti di loro alberga il timore di non riuscire a mantene- re il tenore di vita attuale (56,1%), mentre  per oltre 6 giovani su 10 l’incubo peggiore è di non poter garantire un futuro alla propria famiglia. Anche chi può contare  sulle sicurezze di un lavoro non è al riparo  da ansie. Quasi il

60% degli intervistati del nostro  campione svolge un’attività retribuita,  di questi  poco  più della metà  è impiegata  stabilmente (53%), mentre  il re- sto è impegnato in attività temporanee o saltuarie. Ebbene, se si può considerare  fisiologico il fatto che il 71% degli intervistati occupati a “tempo determinato” abbia il timore di non essere riconfermato dopo la scadenza contrattuale, appare  poco rassicurante che più di un giovane su due occupato stabilmente abbia lo stesso  tipo di preoccupazione (il licenziamento improvviso).

Il fatto che i giovani italiani sembrino aver percepito prima  degli altri l’arrivo della crisi anche  nella solida Germania  e altrove  in Europa, è forse dovuto  al fatto che si trovano ad essere  al confine tra più mondi  vitali (quello delle comunità immigrate  e quello d’accoglienza, almeno). Che ciò sia visto in termini positivi (appunto come possibilità di appartenenze multiple, che moltiplicano strumenti di conoscenza e di informazione) o negativi (l’essere al margine, e quindi più esposti, in una società che non li ha perfettamente integrati), tale funzione di cerniera, comunque, consente loro di leggere meglio i segnali e di interpretarli. Da questo punto di vista la loro qualità di essere antenne sensibili andrebbe meglio studiata e valorizzata.

Anche se le opinioni  e i comportamenti dei rispondenti sembrano accomunati da una profonda e diffusa incertezza, i dati delle indagini suggeriscono che sarebbe un errore pensare che i giovani subiscano la crisi economica tutti allo stesso modo. Alcuni cambiamenti, anche lievi, del profilo sociale ed economico possono determinare differenze sostanziali  circa le loro condizioni e i rischi relativi.

Per capire meglio quali siano i fattori che espongono gli intervistati a maggiori rischi sociali è stato elaborato un indice di fragilità, costruito in- crociando le seguenti variabili: occupazione, reddito e necessità  di pagare un affitto. Sulla scorta di questo indice sono stati suddivisi gli intervistati

in due gruppi distinti: da una parte, i socialmente fragili, ossia persone che mostravano posizioni critiche rispetto  alle dimensioni prese in esame (es. un reddito inferiore a 1000 euro mensili e un affitto da pagare), dall’altra persone che non correvano particolari rischi (es. reddito alto e casa di proprietà).  I risultati di questa  operazione di approfondimento non sono confortanti: i socialmente fragili tra i giovani sono il 62,4%, contro il 37,6% di coetanei non a rischio.

Ci si accorge facilmente  che al diminuire  dei componenti familiari au- menta la percentuale dei soggetti fragili. Pur senza mai scendere al di sotto del 50%, le proporzioni di soggetti socialmente fragili passano dal 57% di chi vive insieme a due o più persone (il più delle volte in famiglia) al 61% di chi invece vive in compagnia di un partner (o comunque di un altro individuo). La situazione  peggiora di molto quando si analizza il valore assunto dai soggetti che vivono da soli. In questo  caso la percentuale dei fragili è pari all’80%, ben 18,2 punti in più della media campionaria. Da questi in- croci si evince che vivere insieme ad altre persone (soprattutto in famiglia) costituisce  un antidoto alla fragilità.

La famiglia assume  la funzione di “scialuppa di salvataggio” per i giovani costretti  ad affrontare le insicure rapide della crisi economica inter- nazionale. Essa, infatti, sembra essere una risorsa ampiamente sfruttata dagli intervistati: il 59,3% dei rispondenti ascrivibili all’area della fragilità sociale ha ammesso di aver chiesto un sostegno economico ai parenti, in special modo ai genitori.

Ma quali sono, qualora  si siano  rese necessarie,  le rinunce  affrontate dai giovani? Intanto  occorre notare che ben il 46% riferisce della necessità che si è posta di compiere  rinunce  rispetto  al passato,  ma ancor più interessante è considerare la loro tipologia: per il 20% del campione sono state esercitate nei confronti  di viaggi e vacanze e per il 10% verso divertimenti e consumi culturali. Ricodificando in categorie generali le rinunce operate, si evince che la riduzione  in termini di vita sociale ha pesato per il 14%. Se si scende nel dettaglio, e si ragiona anche su ciò che è stato ridotto  oltre a ciò che è stato eliminato, si osservano ampie contrazioni in molti campi: i percorsi  di studio e/o formativi si contraggono del 23%, l’acquisto di quotidiani e riviste del 54%, al pari della palestra, l’acquisto di libri del 60% e la frequentazione di ristoranti e pizzerie addirittura del 71%.

Se è facile intendere che i giovani operino le maggiori rinunce sul fronte della vita sociale, che diviene un bene sacrificabile  se non addirittura un lusso in tempi  di crisi, nondimeno si intuisce  la portata e le conseguen- ze di tale privazione: da un lato, infatti, specialmente per i giovani italiani all’estero, la rinuncia  ai viaggi si traduce  molto  spesso  nell’impossibilità di tornare in Italia a visitare parenti, amici e luoghi di origine, con relativa difficoltà di curare i legami identitari; d’altra parte è agevole comprendere come  ciò significhi una  perdita  secca  anche  per i giovani che vivono  in Italia, rappresentando il viaggio un’importante opportunità di crescita e di confronto culturale.

Lo stesso  dicasi per gli altri tipi di rinuncia  osservati:  la contrazione nella vita sociale e le privazioni  sul fronte della formazione,  del benessere fisico ed interiore,  dell’informazione  e dell’approfondimento, non solo impediscono di rigenerare le energie e di cogliere occasioni di crescita, minando l’equilibrio personale,  ma rischiano  di intaccare la possibilità stessa di alimentare il legame sociale, che sta alla base di una sana vita collettiva. Non si tratta, quindi, solo di rinunce  ad un ipotetico  superfluo  di cui, per necessità,  occorre  privarsi;  bensì di rimodulazioni dello stile di vita che, sebbene apprezzabili sotto il profilo di una maggiore e talvolta dimenticata sobrietà,  possono avere serie e deprecabili  conseguenze a lungo termine sulle dimensioni fondanti  il benessere personale e collettivo. Per non dire dell’incidenza di tale aspetto sulla valenza dell’identità italiana e della sua eredità, che sopravvive in contesti  culturali  anche  molto  diversi, ma che necessita  di percorsi  di conoscenza della lingua e della cultura  del nostro Paese per poter dialogare con tutte le altre.

In questa  situazione  di rischio e di disagio sociale i giovani non si sen- tono supportati, né accompagnati, dalle istituzioni, che per tre quarti degli intervistati sono intervenute poco o per nulla a sostegno delle persone in difficoltà a motivo della crisi. Migliore il giudizio riservato al non profit, sul quale apparentemente i giovani intervistati sentono di poter fare maggiore affidamento:  anche  in un periodo  critico come quello attuale, la richiesta alle istituzioni  pubbliche  è quella di essere  informati  più che assistiti, ac- compagnati piuttosto che presi in carico. Infatti, quali servizi utili per loro in questo  momento hanno  indicato  principalmente l’avere informazioni sulle opportunità occupazionali (31,6%) e l’essere informati  circa il ven- taglio di servizi disponibili (19,3%), con percentuali che aggregate  supera- no la metà del campione.  Sembra, dunque,  che i giovani italiani in Europa chiedano un sostegno in termini di empowerment piuttosto che di assisten- za: un’azione promozionale che supporti volontà e talento.

                 Italiani altamente qualificati a Washington D.C. e Baltimora

 

Da una sintesi di un lavoro di ricerca – condotto con metodologie quanti- qualitative  – riportato nel Rapporto Italiani nel Mondo 2013 emergono una serie di caratteristiche che rendono questi nuovi migranti completamente diversi e unici nel loro genere.

La maggior parte di essi, ad esempio, fin dall’infanzia e dall’adolescenza, ha sperimentato a seguito del nucleo familiare diversi e progressivi trasferi- menti da istituti scolastici e città e, da giovani, da università sia in Italia che all’estero, oltre che molte esperienze  di viaggi sia turistici che di studio so- prattutto nel periodo del post laurea e del post dottorato. Il concetto di casa nel senso  di radicamento in un luogo definitivo è ipotizzato  in un “forse. Certo, non ora!”; comunque non è localizzato necessariamente in Italia. Più appetibile per loro risulta l’idea di un pendolarismo a medio o lungo raggio.

Anche la famiglia non è solamente e limitatamente intesa come vincoli personali  e di sangue.  I sentimenti affettivi di questi  particolari migranti abbracciano le affinità elettive e professionali fino a costituire  una “fami- glia estesa” che non si concentra in uno spazio unico, ma si distribuisce in reti proiettate sul pianeta.

I ricercatori si sentono soggetti e protagonisti di un bene immateriale, la conoscenza, come destino  comune  dell’umanità. A differenza di antichi stereotipi  che legavano  i migranti a sogni di maggiore benessere previa la conquista di sicurezze  materiali, i ricercatori indagati  in questa  indagine, sanno che i loro possibili privilegi non saranno vincolati ad altra proprietà se non a quella intellettuale.  E in sintonia  con questa  ricerca dell’immate- riale, le interviste e i focus group hanno concordemente fatto emergere che l’unica eredità che i ricercatori sperano di lasciare ai propri figli non è certo quella di pingui conti correnti bancari, ma una educazione di grande quali- tà che permetta di leggere velocemente i cambiamenti del futuro.

Questo  migrante-ricercatore dispone  già di un bagaglio di vita che lo facilita nell’adattamento a nuovi  contesti  e nell’affrontare  le trasforma- zioni richieste dalle nuove tappe della conoscenza in continua evoluzione. Questi  mette  a disposizione  i suoi talenti  e le sue competenze su obiet- tivi cangianti,  anche  per  finalità effimere, confidando esclusivamente in un’appartenenza, quella al “sistema rete”, nel quale lo Stato sembra non sia chiamato a svolgere alcun ruolo. Le narrazioni esistenziali  dei ricercatori non si strutturano in maniera  analoga a quella dei vecchi migranti italiani residenti  negli USA nemmeno nell’identificazione  del destino  finale. Anzi, lo stesso  concetto di destino  ultimo  non rientra  nel “viaggio infinito” con cui molti ricercatori concepiscono la propria  vita, dato che non esistono garanzie che il paese attualmente ospitante, gli USA appunto, sia quello che offra le opportunità migliori. Al contrario, il mercato asiatico e quello au- straliano hanno per loro un richiamo sempre più allettante. Ma non è tanto il nomadismo in se stesso  ad essere  considerato un vantaggio,  quanto  la capacità  rigeneratrice del viaggio, che nasce paradossalmente da una per- dita, da una sofferenza, da uno sradicamento e dall’umiltà di apprendere e di lavorare in équipe. In questo modo, il viaggio diventa una forza positiva attraverso cui l’individuo costruisce sé stesso, la sua identità professionale e, nello stesso tempo, nuovi rapporti umani.

Tramite il web e i social network i ricercatori sono connessi con il mondo 24 ore su 24 e tali connessioni, trasversali rispetto  agli Stati sul filo di frontiera tra il globale della funzionalità  professionale e il locale delle radici, influenza i percorsi  delle rappresentazioni identitarie dei ricercatori. Il sistema  di valori in cui si riconoscono e le parole-chiave che privilegiano  (meritocrazia, interscambio,  futuro)  trascendono l’Italia intesa come Stato-nazione. All’Italia rimproverano l’assenza di una cultura  me- ritocratica però  ritengono normale  che un professionista creativo,  come si autopercepisce ciascuno  di loro, senta lo stimolo a migrare, attratto da parole-chiave meglio declinate  in altri paesi. Ognuno  si sente, allo stesso tempo,  attore  e frutto  di una tipologia  privilegiata  di “esilio” o di noma- dismo culturale  che gli consente di elaborare rappresentazioni identitarie che privilegiano  anzitutto l’appartenenza alla propria  rete professionale.

La coscienza di possedere una professionalità sofisticata e d’avanguardia è la carta che il ricercatore intende giocarsi, a viso aperto, molto più in là di ogni frontiera  e indipendentemente dal luogo di nascita, dal ricordo di un’origine, dall’adozione di modelli culturali o di caratteri di un destino nazionale.

In generale rifiutano di essere catalogati come “cervelli in fuga”. Si sen- tono invece “talenti capaci di scegliere”, che cercano  opportunità per met- tersi alla prova. Non guardano indietro dal finestrino del treno, migranti per scelta intellettuale.  Vanno dove li portano i loro interessi  scientifici e per- sonali. Vivono appartenenze plurime. La loro maniera  di sentirsi  cittadini del globo è attraversata dal sentimento di essere segni e simboli italiani del luogo-Europa, rivendicando di aver completato gli studi in diverse univer- sità dell’Europa sul cui processo di costruzione politica unitaria dichiarano una crescente lealtà. In questo  quadro,  ri-elaborano e re-interpretano le proprie  origini italiane, ma non a partire  da stereotipi  dello Stato-nazione bensì dalla rivendicazione affettiva delle specificità territoriali e municipali del proprio  localismo regionale  (“Sono dell’Abruzzo”, “Sardo, non si vede?”, “Napoletano, ci vorrebbe altro!”, “Di Torino, purosangue!”, “Oh mia bela Ma- dunina”, “Forza Roma, forza lupi”), lasciando affiorare una giocosa (e mai sopita)  distinzione  competitiva tra settentrionali e meridionali.  Nel con- testo dell’intimità familiare e nella cerchia  delle convivialità, risuona  quel che sopravvive dei dialetti intesi come codici comunicativi di sicurezza an- cestrale e di interpretazione territoriale di valori condivisi.

I ricercatori oggetto di questo  lavoro non si sentono dei geni, ma per- sone normali  con un lavoro  straordinario, una scelta di vita che richiede molta costanza e una grande determinazione per superare i tanti ostacoli, lo stress permanente, la solitudine di certi giorni.

Giovani architetti italiani emigrati in cerca di maggiori fortune

 Il mercato europeo dell’architettura vale 15 miliardi. L’Italia è al secondo posto  dopo la Germania  in termini  di dimensioni di opportunità per quel che riguarda  la progettazione di edifici e infrastrutture, per un ammontare di 2,8 miliardi di euro (la Germania  supera  i 4 miliardi). Ma quando si mi- sura il valore dell’architettura ripartito sul numero degli architetti (147 mila professionisti),  su 33 paesi l’Italia scende  al nono  posto.  Potenzialmente guadagnano di più gli architetti in Repubblica Ceca, in Estonia e in Turchia. In media  il valore dell’architettura distribuito sul numero degli architetti in Francia e in Germania  è doppio  rispetto  a quello nel nostro  Paese; nel Regno Unito gli architetti guadagnano in media più del triplo. Sono questi alcuni dei numeri  che saltano  agli occhi nel recente  Rapporto pubblicato dal Consiglio degli architetti europeo (Architects’ Council of Europe) e svi- luppato  con Mirza & Nacey Research (dicembre 2012).

In Italia ci sono circa un terzo degli architetti europei: 147 mila profes- sionisti su un totale di 548 mila. Se il mercato potenziale  dell’architettura interna  è debole  e se i professionisti sono  molto  giovani (un terzo  degli architetti ha meno di 40 anni), guardare all’estero è una conseguenza ne- cessaria  e inevitabile. A partire  dagli anni Novanta  con i progetti  europei, primo tra tutti l’Erasmus, i confini si sono allargati e i giovani hanno  pre- so confidenza  con la migrazione  già durante gli anni della formazione.  La maggior parte  dei giovani fa un’esperienza in un paese straniero e poi ri- torna. Negli anni più recenti sono in tanti a partire, tornare per concludere gli studi  in Italia per poi ripartire  in cerca  di opportunità che sembrano essere in linea con il percorso formativo  e con le aspirazioni di un giovane che deve orientare e costruire il proprio  profilo professionale.

Oggi si è affacciata sul mercato internazionale la generazione degli ar- chitetti europei. Sono professionisti trentenni, e non solo, che mettono un piede fuori dall’Italia ma che dall’Europa guardano con attenzione alle op- portunità esistenti  in America latina, in Cina, in India e in Africa. Cercano i concorsi, costruiscono network e molto spesso non si spaventano di do- versi presentare con proposte (anche gratuite) per guadagnarsi visibilità.

Quantificare  i professionisti italiani  all’estero  è impossibile.  Il critico italiano Luigi Prestinenza Puglisi in una sua analisi sul tema conta 200 bra- vi professionisti italiani che hanno  aperto  un loro ufficio all’estero. Sono tanti di più se si contano le singole storie di architetti volati lontano  fino in Brasile o nel Middle East.

La galassia degli architetti italiani all’estero si può disegnare attraver- so una capillare rete di contatti  interpersonali, le numerose opportunità in essere (molte in stand by a causa della crisi), con progetti frutto di concorsi o ancora  con le joint venture con colleghi di altri Paesi o con aziende che vendono prodotti o servizi. A mo’ di esempio  si citano l’alleanza dei mila- nesi Metrogramma con gli americani Rossetti  per proporre un prodotto integrato nel settore  sportivo  e quella dei trentenni romani  Biquadro con uno studio malese per tentare  di affacciarsi sul mercato asiatico.

Gli architetti italiani all’estero non si riescono  a censire  e manca  una ricerca scientifica su questo tema: è un fenomeno in continuo mutamento e in forte espansione.

Gli architetti italiani che lavorano in Europa sono mossi dalle facili comu- nicazioni, connessi  dai social network, animati dalla curiosità  per un mondo complesso e diversificato, spinti dalla voglia di perfezionare e specializzare il proprio  profilo professionale più di quanto  abbia fatto l’accademia italiana. Si mischiano con i colleghi e si identificano  più con l’Europa che con il loro paese di origine. Alcuni trovano spazio nei grandi studi, altri hanno  aperto un proprio  ufficio, in tanti cambiano con alta frequenza il proprio  mestiere, imparando nuovi lavori, confrontandosi con compagnie di diversa taglia e costruendo un profilo specializzato e altrettanto diversificato.

L’Italia, intanto, come accade in molti altri settori, si impoverisce di in- telligenze irrequiete e brillanti che dall’estero inventano un nuovo modo di lavorare.

I giovani che hanno  successo  all’estero sono quelli con un curriculum solido, con una forte determinazione e iperflessibili. Dall’analisi di decine di profili di giovani emigrati all’estero si deduce che i professionisti devo- no costruire il proprio  profilo sommando esperienze  forti e devono essere pronti alla mobilità, ovunque.  La conoscenza delle lingue e degli standard internazionali è basilare. Attraverso  questo  percorso anche  gli architetti italiani riescono  a rivestire posizioni di rilievo nell’ambito aziendale diffi- cilmente raggiungibili in Italia.

I professionisti impegnati  all’estero  esprimono anche  la necessità  di un’ottimizzazione degli anni e della qualità del percorso di laurea per es- sere pronti  per il mercato del lavoro in continua evoluzione  e sempre  più sfidante. In Italia evidentemente non ci sono progetti  di grande  respiro  e l’innovazione  che si sperimenta all’università  non trova  sempre  applica- zione nel mercato italiano.

 

Italiani in Cina: il Progetto A.M.I.C.O.

 

Nel 2013, rispetto  all’anno precedente, hanno  stabilito la residenza  in Asia più di 3.500 italiani. Il paese maggiormente interessato da questi sposta- menti  è stato  la Cina la cui comunità italiana  è costituita da oltre 6.700 unità (+905 italiani residenti nel 2013).

Alla Cina il Rapporto Italiani nel Mondo ha dedicato una specifica ricer- ca denominata Progetto  A.M.I.C.O. (Analisi della Migrazione degli Italiani in Cina Oggi), che mira ad analizzare l’esperienza lavorativa  e di vita degli italiani in Cina e gli aspetti che rendono sempre di più il paese una meta per l’emigrazione. L’indagine – condotta attraverso la sponsorizzazione della Fondazione Migrantes e che sarà presentata integralmente nel 2014 – è an- cora in corso e vuole portare alla luce un fenomeno fino ad oggi ritenuto marginale,  ma che ha ormai raggiunto rilevanza  soprattutto dopo la crisi economica.  L’analisi si basa  non  solo sull’elaborazione dei dati statistici sulle presenze, ma anche sulle testimonianze degli italiani, raccolte duran- te un’indagine sul campo condotta nell’aprile del 2013 a Pechino, Canton e Shanghai. Tramite le interviste è stata data voce ai membri della collettività italiana, attivi nei settori più disparati: dal business all’arte, dal volontariato alla ristorazione, dalla ricerca allo studio della lingua cinese. L’indagine sul campo,  inoltre, ha fatto emergere  le problematiche e le criticità avvertite dagli italiani nel corso dell’esperienza migratoria in Cina, che spaziano dal- le difficoltà per l’ottenimento o il rinnovo  del visto, alla crescente compe- tizione sul mercato del lavoro, al rapporto con la popolazione autoctona.

È stato elaborato un sondaggio  on line (reperibile all’indirizzo: https:// docs.google.com/forms/d/198MX1OEa7WfLoRM5QdPUhqdSLG7sbc3T D8gY_EOJYB4/viewform?pli=1) al fine di rilevare  le caratteristiche della “migrazione sommersa”, riguardante coloro che risiedono in Cina per brevi periodi e che quindi non risultano iscritti all’Aire.

Dagli ultimi dati a disposizione  (Aire, gennaio 2013) risulta che la pre- senza italiana in Cina ha registrato un costante trend di crescita negli ultimi sette anni. Infatti, la popolazione italiana residente nel 2013 è più che tri- plicata rispetto  al 2006 (+239%), passando da 1.989 iscritti a 6.746, con un picco di trasferimenti nel 2006 (+27%) e nel 2009 (+25%).

Il 71% della popolazione italiana  in Cina risiede a Hong Kong e nelle aree di competenza di Shanghai (34% e 37%), il 16% nelle province che fan- no capo alla circoscrizione di Pechino  e il 13% in quelle amministrate dal Consolato  Generale di Canton.

Tra gli “italiani” che decidono  di trasferirsi in Cina, si sta facendo strada una categoria  particolare: quella dei cinesi di “ritorno”, ovvero  i cittadini cinesi nati o cresciuti nel Belpaese che, grazie ai titoli di studio acquisiti in Italia e alla padronanza della lingua italiana e cinese, si lasciano alle spalle la recessione in Europa per cavalcare l’ondata di crescita del Dragone.

Secondo quanto riportato a gennaio 2013 dal Financial Times, gli effetti della recessione non rendono più appetibile l’Italia per gli immigrati cinesi, che preferiscono tornare in patria o addirittura spostarsi verso altre desti- nazioni, come l’America Latina o il Canada.

I ragazzi nati o cresciuti  in Italia hanno  esigenze  e ambizioni  diverse rispetto  ai loro genitori; essi, forti di una commistione culturale  e di una dimestichezza linguistica, sono propensi a spendere le proprie  capacità  in un ambiente  dinamico  all’estero. In molti mettono da parte  la divisa da cameriere del ristorante di famiglia e intraprendono la carriera  imprendi- toriale in Cina.

Tra i giovani cinesi della “diaspora di ritorno” c’è chi ha ottenuto la cit- tadinanza italiana  dopo  anni di lungaggini  burocratiche e adesso  vive in Cina con un visto per stranieri.

Una trattazione a sé merita  la migrazione  delle donne  italiane in Cina. Molte di loro sono giovani professioniste: docenti  universitarie, architetti, avvocati, designer, creative, organizzatrici di eventi, cameriere, giornaliste, responsabili per società  di import-export, consulenti aziendali, operatrici in Ong. Altre hanno semplicemente seguito il marito o il compagno in una missione  di lavoro  di lungo periodo.  La presenza delle donne  italiane  in Cina svolge un importante ruolo di coesione  non solo a livello familiare, ma anche  a livello sociale. Molte di loro, soprattutto tra i 30 e i 50 anni, hanno  reinventato la loro professione secondo  le esigenze e le peculiarità della realtà cinese di riferimento,  portando le loro istanze personali  come fattori  di innovazione e nuove  forme  di sviluppo.  Un aspetto rilevante  è quello delle giovani madri single, le quali nonostante le difficoltà quotidia- ne, hanno deciso di affrontare le vicissitudini non solo della loro condizio- ne di straniere,  ma anche della loro vita genitoriale.

I cambiamenti politici ed economici  in corso a livello globale e in Cina stanno  determinando lo sviluppo  di nuovi  settori  in cui la domanda da parte  cinese  è in costante aumento,  via via che la loro società  si artico- la ed esprime  nuovi bisogni sia individuali  che collettivi. Oltre ai classici prodotti di punta  del made in Italy, nella percezione dei cinesi l’unicità del know-how italiano  comprende, in misura  sempre  maggiore,  altri ambiti quali l’architettura, l’urbanistica, la conservazione del patrimonio artistico, la sanità, ecc. Su questi ed altri terreni  si registra  un interesse e un flusso crescente di forza-lavoro intellettuale di origine italiana, che esporta “ec- cellenze” sotto forma di servizi e cultura. Sempre più alta è l’attenzione da parte dei cinesi ad aspetti  attinenti,  in senso ampio, alla qualità della vita, al mangiare  sano e al vivere bene. La promozione di questi fattori culturali non solo apre spazi innovativi nel mercato del lavoro per gli italiani in Cina, ma costituisce la vetrina per aumentare la nostra competitività sul mercato cinese.

 L’informazione: strumento per una pastorale “al passo con i tempi”

 Tra gli strumenti più idonei per una pastorale “al passo  con i tempi” vi è sicuramente l’informazione. Da sempre  l’informazione è un mezzo fonda- mentale per una pastorale attenta  e vicina alle persone. Oggi questa carat- teristica diventa imprescindibile.

Nell’epoca  dell’esubero  informativo,  infatti,  produrre e indirizzare  a una conoscenza corretta è una delle sfide più difficili da superare e quanto detto vale ancora  di più quando,  al centro della riflessione, vi è il tema del migrare e dei migranti.

L’incontro con lo straniero,  infatti, produce da sempre  timore  e diffi- denza, elementi  sicuramente superabili  con la comprensione di ciò che si percepisce lontano  o, addirittura, opposto a se stessi. A tal fine, la realizza- zione di sussidi che riducano la distanza conoscitiva diventa un imperativo per la Fondazione  Migrantes  proprio  in virtù del mandato che le è stato conferito dalla Conferenza Episcopale Italiana, ovvero quello di porsi qua- le mediatrice tra il popolo in mobilità e la Chiesa universale.

Rientra in questo progetto  di mediazione anche il Rapporto Italiani nel Mondo in cui la duplice ottica arrivi/partenze diventa il mezzo per sprona- re la personale curiosità  del lettore alla conoscenza della storia e del pre- sente dell’Italia, le notizie e i numeri di connazionali che potrebbero essere familiari, amici o semplicemente conoscenti.

L’emigrazione italiana, si è detto, sta vivendo una sorta di revival: quo- tidiani sono gli articoli sulla stampa nazionale che raccontano dei “cervelli in fuga” e riportano le storie riuscite  di trasferimenti in altre città al di là dell’oceano  o delle Alpi. Chi si allontana oggi dall’Italia, però, al pari dei “pionieri” dell’emigrazione  italiana dell’Ottocento  e del Novecento  non ha già scritto  il suo destino  di riuscita  e vittoria. Al contrario, oggi come  in passato, tante e diverse sono le crisi e i momenti difficili che si presentano durante la fase migratoria e molti sono anche  i progetti  falliti, i rientri, gli spostamenti in altri luoghi, i disegni temporaneamente sospesi.

Di questo  sono  testimoni  i 615 operatori specificatamente in servizio per gli italiani (laici/laiche consacrati e non, sacerdoti diocesani e religiosi, suore,  sacerdoti in pensione) presenti  in 375 Missioni Cattoliche  di Lin- gua Italiana  distribuite  in 41 nazioni nei 5 continenti (dati aggiornati  al 2 settembre 2013, http://www.lemissioni.net). A questi  si unisce  il generale “mondo della missionarietà” stimato dalla Fondazione Missio – organismo pastorale della CEI – in circa 10 mila operatori tra presbiteri,  consacrati e consacrate, laici e laiche.

Oggi come ieri al di là dei tanti cambiamenti che vi sono stati nella mo- bilità italiana e sui quali ci si è precedentemente soffermati, un continuum resta  con il passato:  la ricerca  delle radici, di quegli elementi  di conforto e di un sentirsi,  anche  in territorio estraneo,  parte  di un gruppo,  di una comunità.  In questo  un ruolo fondamentale lo ha assunto in passato l’ap- partenenza regionale, una condizione che oggi si è persa un po’ specie nelle nuove generazioni  in mobilità già avvezze a precedenti spostamenti, il più delle volte dal Sud al Centro-Nord d’Italia, magari per frequentare l’univer- sità. Oggi come ieri, invece, permane l’elemento religioso come importan- te condizione  identitaria continuamente ricercata ma desiderata in forme nuove e diverse – rispetto a ciò che accade in Italia – perché differenti sono le condizioni  sperimentate in emigrazione.  A queste  necessità,  al tempo stesso, di ricordo  e di legame con il passato e con i territori  di partenza e di conoscenza e assunzione delle caratteristiche della nuova realtà in cui si vive, hanno risposto le Missioni Cattoliche Italiane che, da sempre, si sono occupate dell’assistenza  spirituale  ma  anche  materiale  dei connazionali all’estero. Corsi di lingua, risoluzione delle pratiche  burocratiche spesso in contatto con le sedi dei patronati all’estero, aiuti economici,  ricerca  della casa e del posto  di lavoro  oltre che luoghi di incontro,  confronto e con- fronto: questi sono solo alcuni dei compiti assolti dalle Missioni Cattoliche Italiane. Queste  ultime, però, sono ora chiamate ad un rinnovamento per rispondere alle nuove forme di mobilità che sempre più spesso portano ad incontrare persone “temporanee”  nei luoghi  ma non  nella condizione  di migranti, perché  è la stessa  mobilità  ad essere  oggi continua,  incostante, precaria.

Il Rapporto Italiani nel Mondo pone l’accento anche su figure della Chie- sa del passato, legate alla mobilità italiana, descrivendole e attualizzandole, dando  modo così al lettore  di sentirne  la modernità e la vitalità. Nel 2013 l’attenzione è posta su Francesca  Saveria Cabrini, una santa moderna,  per la capacità di contrastare la secolarizzazione tra gli emigranti, per uno stile nuovo  di evangelizzazione in emigrazione,  per la valorizzazione  della co- municazione a tutela dei diritti dei migranti e contro ogni discriminazione, per la libertà nell’amministrazione dei beni a favore dei poveri emigranti, per la fedeltà alla Chiesa. Con lei, il secolo XIX, che ha visto un protago- nismo  nuovo  della donna  nella Chiesa e nella società, ha trovato  sul suo finire una nuova straordinaria interprete.

Madre Cabrini è anche  la prima  santa  statunitense e la sua immagine è scolpita  sul portale  della cattedrale di S. Patrizio a New York accanto a quella di un’altra santa, canonizzata 30 anni dopo, Elisabeth Anna Bayley Seton (1774-1821). Il 13 novembre 1938 Pio XI proclamò madre Cabrini bea- ta. Il 7 luglio1946 Pio XII la canonizzò e nel 1950 la proclamò “patrona degli emigranti”.

L’attualità del fenomeno delle migrazioni  rende  quanto  mai moderna la storia di vita e di santità  di questa  maestra di provincia  che, in qualche modo, ha conosciuto, affascinato e conquistato il mondo con la santità sua e delle sue sorelle nella fede.

Il Rapporto Italiani  nel Mondo  si concentra inoltre  su  figure  attuali riscoprendone i legami con il mondo  della missionarietà e della mobili- tà italiana. In questa  edizione l’attenzione  è ricaduta  su un religioso che, all’inizio del suo percorso,  non ancora  sacerdote,  ha trascorso alcuni anni accanto ai lavoratori italiani in Germania. Si tratta di p. Federico Lombardi, una figura oggi nota  e del quale pochi conoscono questa  parte  biografi- ca molto interessante. Nell’approfondimento emerge l’attività svolta, negli anni Settanta, dal religioso a favore degli italiani emigrati in terra tedesca, le caratteristiche della comunità italiana,  le principali  problematiche, le iniziative intraprese. Un racconto interessante che ripercorre la biografia di un uomo oggi impegnato nella società dei migranti in modo diverso, ma che è stato profondamente colpito e segnato dagli anni in cui era al servizio dei migranti e migrante  in prima persona.

Ulteriore esempio  quanto  mai attuale  di una persona “costantemente migrante” è, invece, Papa Francesco, l’elezione del quale è stata salutata da molti, fedeli e non, come una ventata di novità perché ha risposto a quanto chiesto  alla Chiesa in questo  periodo  di difficoltà: trasparenza, semplici- tà e conforto.  Intorno  alla figura del Papa è sorto  un grande  entusiasmo che ha costanti  e continue manifestazioni di affetto, dall’elezione di marzo scorso,  da parte  di tanta  gente che viene ricambiata da un successore di Pietro “migrante tra i migranti”. Il “primo Papa emigrante” si è detto, italo- discendente, figlio di genitori della provincia  di Asti emigrati in Argentina; il primo Papa che arriva dalla “fine del mondo”. Un Papa straniero,  ma italiano che si fa “piccolo tra i piccoli”. Con parole semplici, pronunciate rigo- rosamente in italiano, si rivolge a tutti indistintamente: a chi occupa  posti di responsabilità nel mondo, «Vorrei chiedere, per favore, a tutti coloro che occupano ruoli di responsabilità in ambito  economico,  politico o sociale, a tutti gli uomini e le donne  di buona  volontà: siamo “custodi” della creazione, del disegno  di Dio iscritto  nella natura,  custodi  dell’altro, dell’ambiente; non lasciamo  che segni di distruzione e di morte accompagnino il cammino  di questo  nostro  mondo!»  (omelia del Santo Padre  Francesco, Piazza San Pietro, 19 marzo 2013); ai giovani «Dio ci dà il coraggio di andare controcorrente, sentite bene giovani. Non ci sono difficoltà tribolazioni, in- comprensioni che ci devono far paura» (omelia del Santo Padre Francesco, Piazza San Pietro, 28 aprile 2013); e a tutti «E in particolare in questo tempo di crisi, oggi, è importante non chiudersi  in se stessi, sotterrando il proprio talento,  le proprie  ricchezze  spirituali,  intellettuali,  materiali,  tutto  quello che il Signore ci ha dato, ma aprirsi, essere solidali, essere attenti all’altro» (udienza generale, 24 aprile 2013).

Papa Francesco ha dato il via a un nuovo modo di dialogare con la folla, diretto, con domande e risposte. Il Santo Padre si esprime, saluta, benedice in italiano ribadendo il forte primato culturale che, al di là dei risultati pra-tici dovuti probabilmente a politiche poco attente, la lingua italiana ha nel mondo. Forte delle sue origini piemontesi, Jorge Mario Bergoglio ha scelto l’italiano come lingua franca  del suo pontificato sottolineando quanto  la lingua italiana  sia divenuta  sempre  di più nei secoli anche  la lingua del- la religione cattolico-cristiana data la sua ricchezza e profondità lessicale capace di “descrivere la” e di “dialogare con” la complessità dei sentimenti e degli affetti del mondo  globale dove, uno sguardo  su skype o una telefonata, sicuramente suppliscono la prossimità fisica, ma non possono di certo sostituire una mano che tiene stretta  quella dell’amico in difficoltà o il bacio su una guancia di un padre o di una madre.

 Le proposte del Rapporto  Italiani  nel Mondo 2013

 Attenzione  ai giovani e alla loro mobilità. Decidere  di emigrare  oggi non deve essere un allarme sociale, ma una valida opportunità di crescita data soprattutto ai più giovani o, comunque, a quelle persone che vogliono per- correre strade diverse e mettere alla prova se stessi. Il confronto, con realtà europee o oltreoceano, per motivi di studio, lavoro o specializzazione è per le persone coinvolte, ma anche per i paesi in cui ciò avviene, un’opportu- nità di arricchire ed essere  arricchiti  dalla diversa  provenienza culturale e dalla differente  formazione.  La messa  in comune  di competenze e conoscenze  nell’ambito di una rotazione  di figure più o meno  specializzate potrebbe – se largamente condivisa – essere la condizione attualmente più favorevole alla globalizzazione.

Non si parla  solamente di tecnici o di laureati,  ma anche  degli stessi disoccupati o di coloro che sono in cerca di prima occupazione dopo aver concluso  gli studi in Italia perché la formazione avuta in Italia è potenzia- le “guadagno” per i luoghi di accoglienza  di questi connazionali una volta giunti a destinazione. Tuttavia è fondamentale che la partenza sia una scel- ta e non un obbligo e quindi diventa importante da un lato il superamento di questo  momento di forte recessione economica e dall’altro la messa in atto di politiche  di agevolazione  e tutela del lavoro sia a livello nazionale che internazionale intervenendo anche  su modalità  contrattuali che pre- vedano  e tutelino  lo spostamento e la bi-nazionalità, la variabilità  conti- nua dello “spazio” e del “tempo” di lavoro, nonché  l’uso durante l’attività di strumenti in mobilità. L’Italia, da questo punto di vista, ha ancora molta strada da fare.

È inoltre importante considerare e cercare di limitare la rabbia con cui oggi molti degli italiani lasciano  l’Italia, un sentimento talmente forte che provoca  delusione  nei confronti  del territorio di partenza e un atteggia- mento  di rifiuto anche  quando,  all’estero, si trova  una  risposta positiva alle proprie  aspettative. Tale rabbia inficia i rapporti,  l’immagine dell’Italia all’estero e, riportando l’uomo al centro  della riflessione,  questo  rancore produce problematiche sociali  sempre  più in espansione quando il mi- grante italiano, dopo aver vissuto il fallimento del suo progetto migratorio, rientra in Italia.

Occorre quindi considerare l’intera tipologia di migranti di oggi perché parlare  di “cervelli” solo nel caso dei laureati, dei dottori  di ricerca o degli specializzati  che vanno  via dall’Italia non è eticamente corretto.  La storia ci ha consegnato storie di self made man che senza saper leggere e scrivere hanno fondato, nell’Ottocento e nel Novecento, veri e propri imperi. Altret- tanto  vero è, però, che non si può tacere che dal punto  di vista economi- co la partenza di un laureato e/o specializzato è molto più incisiva sul già precario  equilibrio economico italiano che continua a “regalare” all’estero il suo capitale  umano  senza alcun investimento o politica di circolazione dalla quale avrebbe solo che da guadagnare.

L’I-Com, Istituto per la Competitività, ha calcolato ad aprile 2013 – sulla base di più di 240 brevetti  depositati oltre confine ogni anno  dai migliori

50 talenti italiani – che il valore degli italiani all’estero, laureati di età com- presa  tra i 20 e i 34 anni, potrebbe arrivare,  tra vent’anni, a 3 miliardi di euro. La preferenza a depositare i brevetti di scoperte e invenzioni fuori del territorio italiano non deve meravigliare perché all’estero si è più propensi ad accogliere  e valorizzare  le nuove idee. Non ci sono quindi solo ragioni meramente economiche. Dalle interviste  realizzate per questo  studio sor- prendono le motivazioni personali dove ritorna, a più riprese, il valore del- la meritocrazia completamente assente, a detta degli intervistati, in Italia e l’esistenza invece di una cultura  del lavoro fossilizzata sulla competizione e non, come avviene all’estero, sulla cooperazione, la vera chiave di volta oggi nell’era della globalità (http://www.jugo.it/attualita/cervelli-in-fuga- e-litalia-che-ci-rimette-31794/).

 Cittadinanza e diritto di voto. Le questioni  principali  a questo  riguardo sono da un lato come conciliare  il diritto di uguaglianza  tra tutti i cittadini italiani con i criteri di legame affettivo alla Patria nella quale da tempo non si vive più e di partecipazione attiva e piena alla vita politica della nazione no- nostante la distanza e dall’altro fino a quale generazione è giusto consentire di mantenere la cittadinanza a chi lascia definitivamente il paese di origine.

Il tema è talmente interessante che si è voluto dedicare  uno specifico spazio  in questa  edizione del Rapporto Italiani nel Mondo per cercare  di rispondere a come  sia possibile  conciliare  la tolleranza alla cittadinanza plurima dovuta in un contesto globale rispetto  all’applicazione  normativa della cittadinanza e dei diritti che da essa derivano.

L’Italia si sta da tempo  confrontando con la modifica di una legge sul- la cittadinanza ormai  desueta  rispetto  alla società  pluriculturale che do- vrebbe disciplinare. Allo stesso modo, per i tanti connazionali all’estero le indicazioni sulla cittadinanza per chi da italiano è residente all’estero e la conseguente legge sul voto che ne è derivata, sembrano essere altrettanto obsolete. Esse, infatti, sembrano rispondere più alle peculiarità delle dina- miche migratorie italiane del Novecento  ed escludono totalmente le nuo- ve mobilità  caratterizzate da precarietà logistica e frequenti  spostamenti all’interno di uno stesso  Stato estero  o di più Stati. Andrebbero  perciò in- dagate nuove forme di inclusione  per queste  categorie  temporaneamente fuori dei confini nazionali oppure oggetto di turnover geografici impossi- bilitati quindi a rispettare i regolamenti attualmente in essere relativi all’i- scrizione nelle liste elettorali e i criteri di residenza continuativa.

 

L’immagine dell’Italia e della mobilità italiana nei mass media. È neces- sario curare maggiormente l’immagine dell’Italia sia per quanto  riguarda  i mass media italiani che per quelli internazionali. La cura deve partire  dal giornalismo italiano con una maggiore preparazione al tema, l’uso di una deontologia professionale che si rifaccia a documentazione veritiera e cer- ta e a parole scevre di giudizi. Dilagano, invece, termini forti, allarmismo e notizie tendenziose spesso al servizio di questa  o quella corrente politica. Occorre pensare alla formazione di una nuova classe giornalistica  attenta, capace e soprattutto formata e specializzata in politica estera. Quest’ultima va considerata nella nuova  accezione  di “mondo globalizzato” e di “spazi comuni” in cui l’internazionalizzazione economica e l’interculturalità han- no modificato l’immagine e i limiti di ciascun territorio.

 Non dimenticare  gli emigranti  in difficoltà. Che siano  o meno  iscritti all’Anagrafe degli Italiani Residenti  all’Estero, che facciano  o meno  parte dell’elettorato  l’attenzione all’italiano all’estero in condizione  di difficoltà è prioritaria. Tra questi non possono essere dimenticati i detenuti, le famiglie in condizioni di povertà e gli anziani disagiati che, all’estero, percepiscono la pensione oppure che si ritrovano ad affrontare grossi problemi burocratici.

Una sensibilità  nuova viene, invece, richiesta  da quegli anziani che at- tualmente si stanno  spostando fuori dai confini nazionali perché  all’este- ro la pensione italiana  permette loro una vita migliore. Ha riscosso  am- pio stupore il caso della Tunisia o, comunque, quello dei paesi del Nord dell’Africa prossimi  all’Italia e per i quali si sono  realizzati  recentemente vari articoli di approfondimento e servizi televisivi. Particolare attenzione meritano anche le famiglie italiane in mobilità che per questioni lavorative, con o senza figli, vivono tra due o più nazioni convivendo con lontananza e mancanza di prossimità fisica. Occorre pensare a pratici sostegni a queste situazioni che spesso portano a “caos emotivi” e ad affetti precari. Si consi- derino inoltre i migranti sconfitti dall’emigrazione che continuano nel loro turnover geografico  o rientrano in Italia. Nelle parrocchie italiane  questo fenomeno inizia ad essere particolarmente visibile e lo è anche  all’estero, dove il sacerdote continua ancora a fungere da “soggetto del conforto” per i giovani e i meno giovani in preda a depressione e forti crisi di identità.

Dare strumenti  di conoscenza. Il Rapporto Italiani nel Mondo si pone, nel panorama culturale  italiano, quale strumento socio-pastorale dove ri- trovare  le notizie necessarie per conoscere il e/o aggiornarsi sul fenomeno della mobilità italiana.

La collaborazione con le istituzioni civili ed ecclesiali e con diversi enti di ricerca, l’apertura  al mondo  accademico,  il coinvolgimento delle asso- ciazioni e di varie strutture pubbliche  e private fa del volume una sorta di “luogo pubblico” dove poter  non solo descrivere  le situazioni  ma portare idee e proposte.

L’auspicio della  Fondazione  Migrantes  è che  questo  volume  diventi sempre  di più un sussidio educativo  e che la sua funzione pedagogica sia riconosciuta non solo per le notizie contenute, ma anche per la metodolo- gia multi e interdisciplinare adottata e per i valori della transnazionalità e dell’interculturalità in esso contenuti.

 

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